O v e r e x p o s e d
&
U n d e r
d e v e l o p e d

 

Inquadrare col banco ottico

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Siccome i miei "tre lettori" aspettano la seconda parte, li accontento.

Usualmente la foto in GF sembra complicatissima per via della poca
consuetudine di vedere questi apparecchi in giro.

Dobbiamo dire che il banco ottico è una fotocamera elementare,
l'immagine che si vede sul vetro smerigliato è
capovolta, la messa a fuoco si fa allontanando o avvicinando il vetro o l'obiettivo che
scorrono su un tubo o rotaia, il cosiddetto "banco".
Però il banco ottico permette delle manovre meccanicamente impossibili su tutte gli altri apparecchi.

I movimenti sono elementarmente due: basculaggio e decentramento,
che vengono moltiplicati tenendo conto che possono agire sulla piastra portaobiettivo e sul vetro smerigliato,
ed entrambi sono sia sull'asse verticale e su quello orizzontale.
La cosa perciò diventa complicata, diventando otto i movimenti possibili,
escludendo quelli del cavalletto e della testa sopra di esso.

La prima cosa che feci con un BO fu quella di accostarmi ad esso imparando
fisicamente a memoria dove si trovano le manopole, quali sono e che
movimenti comandano, tieniamo conto che siamo sotto un panno nero, guardiamo un
vetro smerigliato abbastanza buio, non vogliamo perder tempo a cercare la manopola giusta, deve
essere quasi istintivo, come muovere la zoomata o la focheggiatura e lo
scatto della reflex.
Poi ci vuole per forza un buon manuale che spieghi i movimenti del BO come
si relazionano tra loro, ma più che sapere che:" Il basculaggio dell'ottica
fa rischiare la vignettatura mentre quello dell'obiettivo no"
a memoria,
bisogna figurarsi di avere un cono con la base sul nostro vetro smerigliato
e con la punta nel diaframma dell'obiettivo, cioè il cerchio di immagine
che parte dall'obiettivo e si posiziona sul vetro smerigliato come serve a noi.
Cioè si può partire con tutti i movimenti a zero e tutto a bolla e poi
decentrare e basculare per far rientrare il soggetto nell'inquadratura,
oppure puntare su un oggetto per terra e poi
drizzare a bolla il dorso per correggere le linee verticali, il risultato
finale è identico dal punto di vista ottico, è solo una consuetudine o
comodità come ottenerlo, dipende da noi insomma.

La scelta che faccio di solito è raffigurarmi la realtà esterna
tridimensionalmente tagliata dal piano di messa a fuoco, cosa che con altre
macchine fotografiche non si fa perchè il piano di messa a fuoco è sempre
parallelo alla pellicola.
Allora, questo piano si può mettere inclinato in qualunque posizione, tranne
ovviamente farne un piano curvo, e questo è un' area impalpabile che mi
raffiguro a fuoco davanti all'obiettivo.
Il soggetto è fatto di elementi a fuoco e elementi sfuocati, decidiamo cosa
vogliamo a fuoco e cosa tollereremo meno a fuoco, o, viceversa, inquadrando
intenzionalmente giudico interessante sfuocare molto alcune aree rispetto ad altre del soggetto.
Il piano di messa a fuoco aumenta di spessore, diventando la profondità di
campo chiudendo il diaframma come in tutti gli apparecchi fotografici.
Come vedete non si usa l'iperfocale, che si usa invece con le altre
macchine, dire che non si usa non significa che non esiste...

Analisi del soggetto per me è anche ovviamente la sua luce, la matericità e
ogni altra cosa che lo rende interessante, ma non ne parlo solamente perchè
anche con una compattina usa e getta ne terrei conto per scattare, qui
parliamo di GF e basculaggi.

Variando la distanza tra le standarte e secondo la legge di Schempful metto a fuoco,
con lievi spostamenti di basculaggio, per intenderci: con dieci gradi di
basculaggio si ottiene molta inclinazione del piano di messa a fuoco.
La cura è di non vignettare, cioè usare i movimenti restando dentro il
cerchio di immagine di quell'obiettivo, certamente sapendo che a diaframma
chiuso il cerchio di immagine si amplia ma anche ha bordi più netti, facendo
attenzione anche che il paraluce o l'anello del filtro non intralcino
vignettando.

Una volta preso la decisione di dove collocare il piano di messa a fuoco, lo
realizzo nel vetro smerigliato mettendo prima il diaframma a tutta apertura,
poi raggiunto il compromesso ideale, chiudo il diaframma di solito tra f/16 e f/45
a seconda di come calcolo l'esposizione (vedi puntata precedente).
A volte si cambia tutto, perchè non si riesce a ottenere quello che vogliamo,
allora spostiamo l'apparecchio, oppure non scattiamo la foto, ma questo fa
parte del gioco/giogo dell'usare l'apparecchhio.
Ma tenete conto che intrinsecamente i B/O son apparecchi
meravigliosi, sapendoli usare si ottiene per esempio una DOF irragiungibile
con altri mezzi, per esempio ho messo a fuoco l'infinito e un ciuffo d'erba
a venti centimetri contemporaneamente con un f/22 (che rimane un diaframma non troppo chiuso)
e usando un grandangolo non tanto spinto.
In questo mi fa dire che il B/O è superiore, non per il fatto che è
solamente più nitido o altro che anche un medio formato potrebbe avere.
Se usate l'Hasselblad, per esempio, sapete bene che una pellicola 100 ISO è difficile da
usare a mano libera perchè avete poca DOF, e spesso non vedete se è a fuoco
il soggetto, dovete diaframmare almeno a f/11 per un ritratto con l'80mm, cioè l'obiettivo normale.

Il filtro eventuale ovviamente non lo inserisco che all'ultimo, perchè diventerebbe
difficile anche se sono a tutta apertura, vedere se sono a fuoco i dettagli dell'immagine.

Poi scatto, annoto tutti i dati di quello scatto e determino che sviluppo fare su quella
lastra, semplice poi a casa prendere le lastre dagli chassis numerati e separarle per tipo di
trattamento di sviluppo, e procedere di conseguenza.

 

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