Sistema Zonale, approccio semplificato
per pellicole in rullo.
"It is a mistake, however, to assume that the
Zone System therefore 'does
not work' with roll-film cameras; since it is a practical expression
of
sensitometric principles, the Zone System remains valid, even though
its use
is somewhat different."
A.Adams "The Negative"
Quello che mi accingo a spiegare è il metodo che
uso con le pellicole 35mm, ma si applica ancor meglio al medio formato,
dal 4.5*6 al 6*9, sia per via delle pellicole più grandi e del
numero minore di pose, sia per l'intercambiabilità dei magazzini
in certi apparecchi. Il mio pensiero è che con due corpi macchina,
o magazzini, si hanno molte potenzialità in più, cioè
quasi mai ci si ritrova nella stessa giornata e nella stessa luce ad
affrontare più di due tipologie di sviluppo, comunemente denominate
nel SZ : N-1, N, N+1, e così via. Il totale dei magazzini/corpi
necessari da portarsi appresso non sono perciò 4 o più,
ma già con 2 si hanno buone opportunità.
Mi preme dire che bisogna esser un po' pratici di nozioni quali la scala
tonale, le 10 Zone di grigio, sviluppo contratto N-1e spinto N+1.
Spesso si dice erroneamente che non si possa usare il Sistema Zonale,
oppure abbia delle limitazioni in 35mm.
Cominciamo a dire cosa si può ottenere e cosa invece no nel piccolo
formato. Si può variare meno lo sviluppo, cioè N+1 è
praticabile, N+2 comincia a non esserlo più per l'ingrossamento
della grana. Idem N-2 è poco pratico per essere un po' troppo
scialbo nelle ombre, cioè si ottinene un negativo giusto per
le alte luci, ma in stampa i grigi sotto la zona V sono smorti, si può
pensare magari ad una split print, usando carta a contrasto variabile,
ma questo è un argomento per la sezione camera oscura.
La leggenda vuole che non si possa usare il SZ in toto con le pellicole
a rullo, che è vero se intendiamo che non possiamo ottenere tutti
quei valori che possiamo ottenere in una lastra che è decisamente
più grande, (il 4*5 è quasi quattordici volte più
grande di area del 24*36, per fare un facile raffronto). Questo significa
in soldoni che la grana visibile in una stampa diventa un po' fastidiosa,
ma anche un altro risultato: che i passaggi tonali dei grigi sono diversi,
più secchi rispetto a quelli digradanti del GF.
Il GF sicuramente ha dalla sua una maggiore possibilità, sia
di sbagliare, sia di ottenere ampie variazioni, quel che però
si deve ricordare sempre è che i principi sono universali, cioè
il SZ è un approccio che semplifica rendendo prevedibile un risultato
che altrimenti potremmo azzeccare con molta fatica ed esperienze frustranti,
sarebbe perciò lasciato maggiormente all'aleatorietà.
Comincierei con dei presupposti: il negativo lo stamperemo
con un ingranditore a luce diffusa, non possiamo fare molto riguardo
l'effetto Callier che impedisce alle zone più dense del negativo
di essere stampate separandone i valori, questo per qualsiasi formato
di negativo.
Il secondo presupposto è che una pellicola più piccola
è più statisticamente l'errore accidentale e il "rumore
di fondo" acquistano una importanza elevata, ciò significa
che bisogna standardizzare il processo di trattamento in modo che sia
ripetibile e affidabile, esempio: un pelino di polvere insignificante
per un 4*5 diventa una zampa di elefante su un francobollo 24*36.
Il fattore "personale" incide parecchio: se si utilizza un
metodo di sviluppo, di agitazione, di temperatura bagni, di sciacquo
invece che di arresto, si usa un certo sviluppo a una diluizione o un
ingranditore con una luce a condensatore con dei diffusori opalini piuttosto
che una lampada dicroica o a luce fredda queste variabili danno delle
differenze notevoli che incidono altrettanto che dire "ho sviluppato
un minuto in più la pellicola rispetto alla tabella"
Terzo, in ripresa si deve valutare l'esposizione ragionando come se
si fosse in GF, ciò significa lettura spot a 1° delle zone
interessate alla visualizzazione.
Un argomento correlato è l'uso dei filtri di contrasto, essi
incidono molto sulla resa dei dettagli in ombra, perciò si deve
calcolare il fattore di assorbimento reale nelle zone in ombra e non
solo la separazione dei valori in luce, i quali saranno sempre facilmente
stampabili con un ingranditore a luce diffusa, mentre sulla perdita
di dettaglio dovute a sottoesposizione, o "chiusura" nelle
ombre non c'è rimedio, neanche con sviluppi sofisticati.
L'esperienza poi acquisita permette ad occhio di fare delle correzioni
aprossimative permettendo perciò di scattare una serie di scene
uniformi senza perdere tempo, semplicemente adocchiando al volo le cosa
da fare.
Il mio approccio è stato quello di standardizzare
una pellicola alla volta, cioè prendere un film e utilizzarlo
decine di volte e svilupparlo in modo da ottenere il valore di grigio
medio e delle zone dalla II alla VIII sulle stampe con lo sviluppo cosidetto
normale, in sigla: N, poi variare lo sviluppo in funzione di ottenere
uno sviluppo N+1 e uno N-1, empiricamente e partendo dai valori delle
tabelle delle case costruttrici.
Ho fatto a volte molta fatica a capire come mai certe volte non ottenevo
un risultato che prima magari riuscivo a ottenere, per indagare il perchè
bisogna avere pazienza e segnare quello che si è fatto.
Un giorno mi ero convinto che la stampa che ottenevo dai miei negativi
fosse troppo piatta e morbida a causa del sottosviluppo dovuto all'invecchiamento
dello stesso, poi mi si fulminò la lampada dell'ingranditore
e la sua sostituzione mi fece capire di colpo che dipendeva dal filamento
di tungsteno che invecchiando emetteva poca luce blu e molta rossa,
nonostante fosse una lampada alogena!
Per sapere se un negativo è esposto giusto per quella sensibilità
e accoppiata sviluppo basta farne un test sull'esposizione della base+velo.
Si sottopone cioè un rullo a degli scatti sottoesponendo di quattro
diaframmi e fotografando uno sfondo omogeneo e sfuocato, si scende di
un terzo alla volta fino a sottoesporre di 5 stop, cioè troviamo
le esposizioni tra la zona I e la 0 che permettano di notare quale esposizione
crea una densità sopra la base+velo, e si assume quella come
sensibilità utile.
Siccome vi voglio dire un trucco delle case produttrici di pellicole
che vi risparmia le sgradite sorprese, vi dico subito che la sensibilità
venduta sulla confezione è ottimistica, a volte di poco, a volte
di parecchio, oltre mezzo stop per certi film.
Perciò per esporre un film N-1 si devono collocare le ombre sulla
zona più ottimistica III piuttosto che sullla II perchè
poi si deve ridurre il tempo di sviluppo per abbassare il contrasto
delle alte luci, è giocoforza che si utilizzi il film anche uno
stop intero meno di quanto la marca di pellicola direbbe.
La maggiorparte delle scene in esterni con luce solare
diretta ha una scala tonale abbastanza contrastata se noi vogliamo ottenere
una resa fedele delle ombre, poi essendo spesso utilizzato un filtro
di contrasto che accentua quest'ultimo e chiudendo le ombre suddette
a maggior ragione si opera una scelta ovvia di fare una contrazione
della scala tonale e di conseguenza sviluppo a N-1.
Si pratica questo esponendo l'intero rullo alla medesima guisa, per
poi svilupparlo di conseguenza, se per caso ci fossero degli scatti
in cui il contrasto fosse più basso non ha importanza l'errore,
perchè otterremo lo stesso delle ombre leggibili e delle alte
luci che potremmo stampare più contrastate usando la carta più
dura, mentre il contrario è inpraticabile, perchè un negativo
che non abbia informazioni, sia trasparente cioè, non ci potrà
dare alcunchè di dettagli nelle ombre anche stampato su carta
extramorbida.
Si tratta ora di decidere quando si esce con l'apparecchio e la pellicola
e giudicare a priori quello che vogliamo, se desideriamo fotografare
proprio tutto contemporaneamente allora è necessario un secondo
corpo macchina caricato con la stessa pellicola ma esposta e sviluppata
diversamente.
In sintesi:
Di fronte alla scena che voglio fotografare prendo l'esposizione
sia delle alte luci che delle ombre: non sempre tutto deve rientrare
nella scala stampabile, alcune scelte compositive ottemperano zone di
nero pieno, altre di bianco puro, queste zone non rientrano nei valori
di cui bisogna preoccuparsi: un nero pieno lo è a prescindere
se è sottoesposto di quattro o cinque diaframmi, tanto per fare
un esempio.
In funzione della pellicola e della sensibilità mi ritroverò
in queste situazioni: giornata di sole brillante=pellicola cui assegno
meno sensibilità, giornata con cielo coperto o scene comunque
con luce morbida, come all'ombra: posso aumentare la sensibilità
del film fino anche alla sensibilità nominale di fabbrica e oltre.
Lettura spot: scelgo il valore chiave della scena, esempio pratico:
una carnagione pallida al sole la voglio nella stampa finale in zona
VII e perciò faccio la lettura su di essa, l'esposimetro mi darà
il valore V, sovraesporrò di due diaframmi, poi andrò
a vedere gli estremi tonali della scena che mi interessano e
allora se veramente cadono fuori delle zone VIII, IX se alte luci, e
sotto le zone III e II in ombra, allora deciderò di fare uno
svluppo N-1.
L'opposto se la scena è piatta al punto di richiedere un N+1.
Badate bene che è una scelta compositiva volere la scena N+ o
N-, non è una conseguenza logica e un esercizio sterile virtuosistico.
Per fare un esempio io volevo un bel dettaglio in ombra aperta nella
neve e contemporaneamente volevo che la neve al sole brillasse senza
essere un buco bianco, è stato giocoforza da me scelto
lo sviluppo cne mi permettesse di avere dei dettagli stampabili.
Altra spiegazione tecnico/pratica: mentre possiamo variare
in camera oscura il contrasto in certe aree, cioè possiamo mascherare
sottoesponendo o bruciare sovraesponendo alcuni centimetri di stampa,
poco possiamo fare per dei minuscoli dettagli quali dei cristalli di
neve in una distesa ampia, bruciarli li renderebbe solo grigi uniformemente,
il contrasto controllato del negativo permette di stampare molto più
efficacemente e con minor frustrazione. Il negativo che noi scegliamo
di ottenere cioè sarà stampabile con una carta di contrasto
normale, cioè 2 o 3, lasciandoci la libertà di usare le
altre carte per dei negativi veramente difficili.
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