Lo scarto di reciprocità e l'aumento
del contrasto.
No, non dipende dai frequentatori rissosi e nottambuli del newssgrup
IAF, mi
riferisco ad altro, al contrasto delle foto di notte.
Mi voglio riferire per comodità a chi usa il bianco
e nero, e può così
manipolare meglio la variabili in gioco.
Se noterete, quando fotografate di notte con cavalletto e tempi lunghi,
trovate che le vostre immagini scivolano facilmente sull'orlo
dell'instampabilità, e questo non per una ragione banale di
sottoesposizione.
Se siete smaliziati saprete che le pellicole hanno il
difetto di
reciprocità, che porta in pratica ad un abbassamento della sensibilità
del
film quando supera tempi di un secondo, questo nella stragrande maggioranza
dei film. L'esposizione ha bisogno di un incremento che però
non è fisso, ma
varia con una curva in funzione del tempo di esposizione, curva che
le case
produttrici forniscono tra le varie tabelle sulle caratteristiche delle
loro
emulsioni.
Ammettiamo di aver corretto l'esposizione per quella immagine, cioè
abbiamo
aumentato come dice la tabella rispetto alla lettura media data
dall'esposimetro. Otteniamo dei risultati che sono corretti per certe
porzioni dell'immagine ma meno per altre, per esplicito: scopriamo che
i
lampioni sono diventati palloni di luce, e l'ombra degli edifici è
proprio
nera nera quando ad occhio nudo la scena non era così sparata.
Il fatto è spiegabile così: ogni parte dell'immagine ha
bisogno di una
esposizione con una correzione diversa dello scarto di reciprocità,
tipicamente i lampioni non rientrano in questo caso e vengono
sovraesposti
molto più del dovuto, mentre le ombre più scure necessitavano
di un maggior
incremento e vengono sottoesposte.
Mi direte allora : non si scampa! Beh, qualcosa si può fare:
usare pellicole
più sensibili!
Sì, mi direte voi, e la grana dove la mettiamo?
Il secondo trucco risiede nell'esporre abbondantemente e successivamente
sviluppare meno, riducendo il contrasto a quanto richiesto, ma non basta,
a
volte ci vuole uno sviluppo dedicato che sia capace di compensare certi
effetti di difusione degli alogenuri nella gelatina sovraesposta, una
volta
si usava la pirocatechina, uno sviluppo che permette miracoli di
compensazione.
Ma dirò un'altra cosa che ho notato: l'aumento del formato del
negativo
permette un aumento della flessibilità del trattamento, ma anche
della
nitidezza intrinseca, poichè i singoli fotoni si disperdono in
un area che
si ingrandisce di meno facendo meno perdere di definizione l'immagine.
Nonchè le pellicole a lastre sono più spesse
di quelle a rullo a emulsione sottile,
con annessi e connessi, hanno cioè uno strato antialone che protegge
dai fotoni che
rimbalzando sul fondo della pellicola ritornano indietro impressionando
aree
adiacenti e creando un effetto flou nelle alte luci.
Questa è una delle ragioni per cui ultimamente preferisco fare
i notturni in
grande formato, son più gratificanti, anche se non più
facili, essendo
critico usare diaframmi chiusi, in breve si hanno esposizioni che passano
dai pochi secondi a quelle di alcuni minuti, solo a usare il banco ottico
invece che la reflex 35mm. Il risultato è gratificante, basta
prendere un po'
di pratica con le emulsioni, essendo ogniuna diversa dalle altre sotto
questa caratteristica.
Si possono così fotografare soggetti molto belli e impossibili,
essendo la luce artficiale
a volte molto cosmetica per rendere al meglio le architetture.
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